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Famiglia Morpurgo de Nilma
Carlo Marco Morpurgo nacque a Gorizia nel 1827, sesto di dieci fratelli. Il padre Moisè, discendente di ebrei stiriani stabilitisi nell’isontino già nel ‘500, era inserviente e custode della locale sinagoga, nonché macellaio rituale.
Ancora giovane, Carlo Marco iniziò l’attività commerciale lavorando nella ditta del fratello maggiore e viaggiando tra Europa ed Egitto. Fu proprio nel paese nordafricano che costruì le basi della sua fortuna, indirizzandosi verso l’attività bancaria. Lì trovò non solo un socio – il correligionario Giacomo Mondolfo, con cui nel 1854 avrebbe fondato la banca Mondolfo e Morpurgo – ma anche una moglie. Risalgono infatti allo stesso anno le sue nozze con la giovane Emma Mondolfo, figlia di Giacomo. Il legame tra le famiglie si rafforzò ulteriormente con il successivo matrimonio di Giacomo (fratello minore e collaboratore di Carlo Marco) con Fanny, sorella di Emma.
Ritratto fotografico di Emma Mondolfo, moglie di Carlo Marco Morpurgo de Nilma – Civici Musei di storia ed arte, Trieste.
Simili unioni, che rendevano parenti i propri soci d’affari, non erano assolutamente un’eccezione. Per la borghesia dell’epoca, infatti, ditta e famiglia rappresentavano una coppia inscindibile. Con tali scelte matrimoniali se ne accresceva e consolidava il patrimonio, rendendo più difficili dispersioni nelle generazioni successive.
A partire dagli anni ’60 le attività e la base di operazioni dei Morpurgo si spostarono sempre più su Trieste. Qui Carlo Marco fu tra i fondatori di diversi istituti bancari, e qui costruì nell’attuale via Imbriani il lussuoso palazzo, opera dell’architetto Giovanni Berlam, in cui avrebbero risieduto sia la sua famiglia che quella del fratello e che oggi ospita il Civico Museo Morpurgo.
Da qui proseguì poi i suoi viaggi all’estero, anche portando a termine missioni diplomatiche per conto di vari Stati. Queste attività, i suoi meriti professionali e le sue iniziative filantropiche gli valsero così non solo numerose onorificenze estere, ma anche un titolo nobiliare austriaco.
Dal 1869, infatti, Carlo Marco poté fregiarsi del titolo di Ritter (cavaliere), aggiungendo al cognome il predicato “de Nilma” e scegliendo un blasone che rappresentasse al meglio la sua storia. Nei quarti dello scudo trovarono allora posto il Giona uscente dalla balena, tradizionale simbolo dei Morpurgo, ma anche le tre torri dello stemma della città di Gorizia, nonché le piramidi e la sfinge di Giza. Il tutto accompagnato dall’eloquente motto «Non sorte sed virtute»: non grazie alla fortuna, ma alla capacità.
Carlo Marco Morpurgo de Nilma, nobile austriaco, imprenditore e banchiere di successo, borghese perfettamente assimilato nei costumi e nella cultura, rimase fino all’ultimo dei suoi giorni membro attivo della Comunità israelitica di Trieste, e tra 1875 e 1881 ne fu anche tra i capi. Ebrea rimase la cognata Fanny, il cui stile di vita e la cui abitazione triestina, con i suoi arredamenti e le sue decorazioni, aderivano a perfezione allo stile dell’epoca.
L’iniziativa di costruire questo monumento funebre, che nella sua visibilità e magnificenza si distacca in parte dal costume ebraico, sarebbe stata di Mario Morpurgo, figlio di Giacomo e Fanny ed erede dell’intera fortuna Morpurgo de Nilma. Nel 1925 – qualche anno prima di convertirsi al cattolicesimo, in una traiettoria non rara in quel periodo – affidò il progetto all’allora giovane architetto Umberto Nordio, che scelse per la sua opera dei severi lineamenti neoclassici.