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Famiglia Fortunato Vivante

Scudo nobiliare del barone Vivante di Villabella – Archivio Fam. Iachia.

Adorata Natalia e carissimi figli,

In tutta la mia vita ho cercato di seguire i consigli, ed imitare l’esempio di quell’angelo tutelare che fu mio fratello Fortunato, ed anche in questa occasione mi valgo delle sue stesse parole:

“Qualora io avessi dimenticato qualche persona che mi fu cara, fedele ed attaccata, ed anche se ne avesse bisogno, desidero che venga presa in considerazione, decidendo la mia benedetta Natalia col vostro consiglio, e del pari vi lascio liberi, per eventuali beneficienze”.

Vi prego miei cari di non esagerare nel pianto e nel lutto, sapendo che io ero sempre schivo di formalità – se le mie benedette figlie, se i miei carissimi generi […] vogliono realmente onorare la mia memoria, promettano solennemente sulle mie spoglie:

di non abbandonare la mia benedetta Natalia, anche se invecchiando dovesse essere ammalata o bisbetica.

[…]

Di non abbandonare mai Angelo e Carmen dando ad essi quelle prove di amore e di affetto delle quali per loro disgrazia sentono maggiormente il bisogno […]

Infine di continuare a vivere fra sorelle e cognati nel più perfetto accordo, nei più fraterni rapporti.

[…]

Credo di aver disposto le cose con equità e giustizia. Abbandono questo mondo perfettamente tranquillo, con la coscienza di aver sempre seguito la via che mi fu indicata dai miei genitori. Seguitela anche Voi.

[Estratto dal testamento di Giuseppe Vivante, Archivio Iachia, Ruda (UD]

 

Originario di Treviso, questo ramo della famiglia Vivante si trasferì a Trieste intorno al 1860, attirato dalle opportunità offerte dalla città in crescita.

A saperne approfittare fu soprattutto Fortunato che, grazie al proprio talento e alla propria competenza, da semplice impiegato di banca riuscì a diventare uno degli uomini più ricchi ed influenti della Trieste a cavallo tra Otto e Novecento.

Assieme a Fortunato, qui riposano i genitori, il fratello Giuseppe e la cognata Natalia Schmitz, mentre un’iscrizione ricorda due dei loro figli, periti nella Shoah.

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